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Archive for the ‘letteratura’ Category

Sentire tutto in tutte le maniere,

vivere tutto da tutti i lati,

essere la stessa cosa in tutti i modi possibili allo stesso tempo

realizzare in sé tutta l’umanità di tutti i momenti

in un solo momento diffuso, profuso, completo e distante.

Fernando Pessoa

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Piano piano imparai ad amare le parole col gusto che il musicista ha per i suoni e i timbri, il pittore per i colori e gli impasti, lo scultore per le forme e la pelle della materia; ma in più c’era tutta l’infinita ricchezza semantica, il mondo sconfinato dei pensieri e dei sentimenti che le parole risvegliano e rimettono in moto, che sono capaci di evocare con precisione terribile o vaghezza dolcissima. La parola era infine un tesoro o una bomba.  Ma soprattutto era una camella, qualcosa da rigirare tra lingua e palato con voluttà, a lungo, estraendone fiumi di sapori e delizie.

 

da Il gioco dell’universo. Dialoghi immaginari tra un padre e un figlia, di Dacia Maraini

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Il piacere per il colore si formò prima che il piacere per la forma: anche l’insetto di ordine inferiore prova piacere per lo splendore del sole, per il fuoco e per gli effetti della luce, per la magnificenza dei fiori di campo.

da Der Stil, di Gottfried Semper

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Una foglia striata e una farfalla bianca si scambiano galanterie. La foglia svolava, memore della linfa passata, e la farfalla la seguiva, come un emissario. Idillio e consunzione in un leggiadro vortice.

da I beati anni del castigo di Fleur Jaeggy

Il nostro sviluppo è simile a quello di una farfalla. Noi dobbiamo “morire” e “rinascere”, come l’uovo muore e diventa bruco, il bruco muore e diventa crisalide, la crisalide muore perchè a sua volta possa nascere la farfalla. E’ un lungo processo, e la farfalla vive solo un giorno o due. Ma il disegno cosmico si realizza. La stessa cosa vale anche per l’uomo. Dobbiamo distruggere i nostri involucri protettivi. I bambini non ne hanno; e quindi dobbiamo diventare come dei bambini piccoli.

da Vedute sul mondo reale di George Gurdjieff

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Il “quartiere delle Gabbie” era molto peggio di come me lo ero immaginato. Lo conoscevo attraverso alcune fotografie di un fotografo celebre e pensavo di essere preparato alla miseria umana, ma le fotografie chiudono il visibile in un rettangolo. Il visibile senza cornice è sempre un’altra cosa. E poi quel visibile aveva un odore troppo forte. Anzi, molti odori.

Da Notturno indiano di Antonio Tabucchi

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Destini…

C’è una certa monotona uniformità nei destini degli uomini. Le nostre esistenze si svolgono secondo leggi antiche e immutabili, secondo una loro cadenza uniforme ed antica. I sogni non si avverano mai, e non appena li vediamo spezzati, comprendiamo ad un tratto che le gioie maggiori della nostra vita sono fuori della realtà. Non appena li vediamo spezzati, ci struggiamo di nostalgia per il tempo che fervevano in noi. La nostra sorte trascorre in questa vicenda di speranza e nostalgie.

Da Le piccole virtù di Natalia Ginsburg

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Il dolce pomo

C’è sull’alto del ramo, alta sul ramo

più alto, una mela rossa:

dai coglitori fu dimenticata.

Dimenticata? No! non fu raggiunta.

Saffo

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Ogni fenomeno terrestre è un simbolo, e ogni simbolo è una porta aperta attraverso cui l’anima, se è pronta, può entrare nel cuore del mondo, dove il tu e l’io e il giorno e la notte sono una cosa sola.  Ogni uomo si imbatte di tanto in tanto nella sua vita in questa porta aperta, ognuno una volta o l’altra concepisce il pensiero che tutto il visibile sia un simbolo e che dietro il simbolo dimorino lo spirito e la vita eterna.  Ma solo pochi passano la porta e rinunciano alla bella apparenza in cambio dell’intuita verità interiore.

da Iris di Hermann Hesse

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La maggior parte degli uomini, Kamala, sono come una foglia secca che si libra e si rigira nell’aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri, pochi, sono come stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c’è vento che le tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino.

da Siddharta di Hermann Hesse

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Vivere il viaggio come una  fuga dalla realtà, lo confesso, mi è capitato spesso. Il rito di sradicamento inizia per me fin dalla partenza, durante l’attesa all’areoporto… già mi prefiguro nuovi orizzonti,  nuove avventure, nuovi pensieri. E  la metafora del viaggio come alleggerimento da ogni fardello, iniziazione ad una nuova vita, si esprime perfettamente nell’atto liberatorio del volo…

Ricordo bene i primi viaggi adolescenziali, brevi vacanze nelle case degli amici, fughe da una casa all’altra, da una  famiglia all’altra… vennero poi i primi pellegrinaggi, il giro del Nord Europa con 4 amiche, 4 grandi zaini e tanti sogni, le escursioni in solitario delle grandi capitali europee, l’esperienza oltroceano, dove il desiderio di perdermi mal si conciliava con l’incertezza e la paura del rischio…  Vennero poi altri viaggi, per dimenticare la fine di un amore, elaborare un lutto, scoprire altri mondi, riconciliarmi  con me stessa.

Sul tema del viaggio mi tornano in mente le belle parole di Seneca, rivolte al giovane Lucilio, sulla necessità di raggiungere la tranquillità dell’animo prima di ogni altra azione e quindi prima di “agitarsi” in questo mondo.

Sono parole sagge, frutto dell’esperienza di un uomo che ha vissuto vicende alterne di successo e fallimento, fama e oblio, culminato nel forzato esilio in Corsica. Più di una volta ho reso omaggio al grande filosofo inerpicandomi fino alla torre in cui soggiornò per 8 anni per volere di Agrippina.

Ecco come Seneca incitava il giovane Lucilio ad affrontare la propria vita:

 

Credi che questo sia capitato soltanto a te e ti meravigli come di una cosa straordinaria che, nonostante le tue preregrinazioni così lunghe e tanti cambiamenti di località, non ti sei scrollato di dosso la tristezza e il peso che opprimono la tua mente? Devi cambiare d’animo, non di cielo. Puoi anche attraversare il mare… (…) ebbene, i tuoi difetti ti seguiranno ovunque andrai. A un tale che esprimeva questa stessa lamentela Socrate disse: “Perché ti stupisci, se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza il medesimo motivo che ti ha spinto fuori di casa, lontano”. A che può giovare vedere nuovi paesi? A che serve conoscere città e luoghi diversi? E’ uno sballottamento che sfocia nel vuoto.

Domandi come mai questa fuga non ti è utile? Tu fuggi con te stesso. Devi deporre il fardello che grava sul tuo animo, altrimenti prima non ti piacerà alcun luogo.

(…) Vai di qua e di là per scuotere il peso che ti sta addosso e che diventa ancor più fastidioso in conseguenza della tua stessa agitazione. Analogamente su una nave i pesi ben stabili premono di meno, mentre i carichi che si spostano, rollando in modo diseguale, mandano più rapidamente a fondo quella parte su cui essi gravano.

Qualunque cosa tu faccia, la fai contro di te e con lo stesso movimento ti arrechi un danno: infatti stai scuotendo un ammalato. Ma quando ti sarai liberato da questo male, qualsiasi cambiamento di località diverrà un piacere. Ti releghino pure nelle terre più lontane; ebbene, in qualsivoglia cantuccio di terra barbara in cui ti troverai per forza ad abitare, quella sede, quale che sia, ti sarà ospitale. Più che la meta del tuo viaggio importa lo spirito con cui l’hai raggiunta, e pertanto non dobbiamo subordinare il nostro animo ad alcun luogo.

Bisogna vivere con questa convinzione: “Non sono nato per un solo cantuccio di terra, la mia patria è l’universo intero”.

dalle Epistulae morales ad Lucilium, Liber Tertius, epistula XXVIII, di Lucio Anneo Seneca (trad. di Fernando Solinas)

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